La Corte di Cassazione ha ritenuto valido il licenziamento disciplinare del lavoratore che, violando le norme di sicurezza aziendale, aveva consentito a soggetti non autorizzati l’uso della propria postazione informatica, assegnatagli dall’azienda in via esclusiva. La società datrice di lavoro aveva licenziato il lavoratore per giustificato motivo soggettivo, in quanto quest’ultimo aveva concesso a terzi l’utilizzo del computer aziendale, con conseguente pregiudizio per la società da cui dipendeva. La Corte di Cassazione hanno evidenziato che, nella fattispecie esaminata, il recesso per giustificato motivo soggettivo è stato dettato dalla grave condotta del lavoratore, che, accordando l'utilizzo del pc aziendale ad un terzo ha consentito a questi di accedere indebitamente ad aree riservate, in violazione della normativa bancaria prevista in tema di sicurezza. La nozione di giustificato motivo è disciplinata dall'art. 3 della Legge n. 604 del 1966 secondo la quale il licenziamento è legittimo quando il lavoratore incorre in un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, una violazione contrattuale così grave da far ritenere che la continuazione sia pregiudizievole per il conseguimento degli obiettivi del datore di lavoro. Inoltre, per la determinazione dell'inadempimento notevole, occorre far riferimento alle gravi violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, doveri su cui si basa lo stesso rapporto, ovvero gli obblighi di diligenza ed obbedienza previsti dagli artt. 2104 e 2105 cod. civ., nonché quelli derivanti dalle direttive aziendali, come nel caso esaminato. Nella fattispecie in oggetto, la condotta del lavoratore, che non è stata dettata per rispettare gli ordini o disposizioni del direttore della filiale, ha causato il venir meno dell’elemento fiduciario, principio fondamentale del rapporto di lavoro, ed in ciò si cristallizza il concetto di notevole inadempimento per giustificato motivo soggettivo (Cassazione civile , sez. VI, 27 gennaio 2011 n. 2056).