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Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento è rimesso alla valutazione del datore di lavoro senza alcuna ingerenza da parte del giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, ( in virtù del principio di libertà di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione) ma al giudice spetta il controllo circa l’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore sul quale grava l’onere di provare l’impossibilità di adibire il lavoratore in altra collocazione.   In merito ai prestatori di lavoro da coinvolgere nel licenziamento la scelta del datore non è totalmente libera, ma limitata oltre che dal divieto di atti discriminatori, anche dalle regole della correttezza e della buona fede a cui devono attenersi le parti del rapporto obbligatorio e, di conseguenza, anche nel recesso di una di loro.  Dunque, qualora si proceda ad un licenziamento per riduzione di personale e al quale non si possono applicare i criteri di valutazione consueti (quali l’utilità della singola posizione o la possibilità di essere adibiti in altre funzioni) dovranno essere presi in considerazione altri criteri quali i carichi di famiglia e l’anzianità del dipendente, senza trascurare eventuali esigenze tecniche, produttive ed organizzative dell’azienda, soprattutto se legate alle singole professionalità e mansioni (Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 28 marzo 2011, N. 7046)

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