L'ex marito non può fare lo 007 e introdursi a casa della moglie, in via di separazione per trafugare, fotocopiare e poi restituire, documenti da produrre nell'udienza per lo scioglimento del matrimonio. La Suprema Corte di cassazione ha condannato per violazione di domicilio un signore assolto dall'accusa di furto, mossa dalla sua ex consorte, dal Gup di Forlì. Il giudice per l'udienza preliminare aveva scelto la via della clemenza, partendo dal presupposto che gli atti fotocopiati, presentati il giorno della causa a sostegno delle richieste per l'accordo patrimoniale, erano stati ritrovati al loro posto. Il marito poteva dunque essersi limitato a fotografare i documenti senza spostarli, operazione che esclude il furto, oppure poteva averli presi il tempo strettamente necessario per acquisirne una copia, ipotesi che farebbe scattare un furto di "serie b", messo in atto per il godimento temporaneo della cosa e punibile solo su querela. Di parere diverso sono stati i giudici della Cassazione che, tralasciando la tesi del furto, difficilmente dimostrabile, hanno scelto l'incontestabile reato della violazione di domicilio. Per entrare in possesso delle copie, l'ex marito intraprendente, era di sicuro dovuto entrare in casa e non aveva un titolo per farlo.