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Un lavoratore aveva richiesto e parzialmente ottenuto rimborsi per trasferte mai effettuate. Il Datore di lavoro, accertata la falsificazione, aveva proceduto alla formulazione degli addebiti e all'intimazione del licenziamento disciplinare, che veniva impugnato dal lavoratore. La Corte di Cassazione, nella sentenza in argomento, ricorda come il requisito dell'immediatezza della contestazione vada intenso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno ampio quando l'accertamento e la valutazione dei fatti contestati, ovvero la complessità della struttura organizzativa dell'impresa, richieda uno spazio temporale più ampio tale da far slittare, rispetto al verificarsi dei fatti, il provvedimento di recesso.  In tema di licenziamento per giusta causa, poi, la Corte ribadisce che, perché si possa parlare di proporzionalità tra addebito e recesso, ciò che rileva è ogni condotta che, per la sua gravità, incrini la fiducia del datore di lavoro facendo ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, in quanto denota scarsa inclinazione alla corretta esecuzione degli obblighi futuri in conformità agli obblighi di correttezza, diligenza e buona fede.  Tale valutazione va fatta non astrattamente ma tenendo conto dello specifico contesto, delle peculiarità delle mansioni o della qualifica rivestita e di tutte le circostanze del caso concreto.   Inoltre, la Suprema Corte precisa che il disposto dell'art. 7, L. 300/1970 vada interpretato nel senso che la contestazione dell'addebito non necessariamente deve contenere un termine entro il quale il lavoratore deve esporre le proprie difese, ma che solo ove il dipendente ne faccio espressa richiesta, il datore di lavoro è tenuto a sentirlo, salva in ogni caso la facoltà del lavoratore di inoltrare le proprie difese per iscritto.  L'art. 7, V comma individua il termine entro il quale le eventuali controdeduzioni del lavoratore devono pervenire al datore di lavoro, “termine che non può ritenersi rispettato quando, pur avendo il lavoratore predisposto le proprie difese prima del suo decorso, la ricezione dell'atto avvenga in data successiva” (Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 9 maggio 2012 n. 7096).

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