La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., 1^ dicembre 1994 n. 10284; Cass. civ., 19 luglio 1995 n. 7822; Cass. civ., 7 febbraio 1996 n. 976; Cass. civ., 13 marzo 1997 n. 2229; Cass. civ., 7 novembre 1998 n. 77; 2 luglio 1999 n. 6847) è ormai costantemente orientata nel ritenere che "l'ordine di reintegrazione del dipendente illegittimamente licenziato, emesso ai sensi dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, comporta la immissione del lavoratore nel posto di lavoro da ultimo occupato, potendo l'eventuale, dimostrata sussistenza di ragioni tecnico produttive dell'impresa giustificare unicamente un successivo provvedimento di trasferimento del dipendente, ai sensi dell'art. 2103 c.c.". In sintesi il provvedimento del datore di lavoro avente ad oggetto il trasferimento di sede di un lavoratore, non adeguatamente giustificato a norma dell'art. 2103 c.c., determina la nullità dello stesso ed integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali che imponga l'ottemperanza agli stessi fino ad un contrario accertamento in giudizio.